Attimi di pace
Perché mio padre, appena morto, non mi lascia un dolore lancinante?
Ma lascia un grande senso interno di impotenza, vinto solo da un’assoluta necessità di un reagire a quel mio dolore. Perché non ho mai versato una lacrima al suo dolore, alla sua morte?
E io da ora, appena tu sei morto, rimango reattivo, reattivo a qualunque cosa, non c’è età che mi lasci sereno, mai, non c’è situazione che mi possa rilassare, abbassare la guardia, e sono rare le volte che mi fermo, quando l’istinto per la vita lasciatomi da te si confonde con la necessità di riassumere pochi punti fondamentali della mia vita, e il mio fermarmi è relativo al pensiero parallelo e costante che mi accompagna, il pensiero che da sempre mi sorregge, quel pensiero è mio, grazie a te. È il mio istinto da ora, sopravvivere al dolore.
E so perché non son mai riuscito a piangerti. Non piangerti mi lascia costante un dolore senza sfogo, e quindi mi regala la tua essenza, la tua vita, come in un rogo dove brucia la realtà di un caso che poteva non essere. Non piangerti mi lascia fiero e rigido nella tensione mentale della vita che sto vivendo. La mia vita, padre, è anche la tua, e io la vivo per entrambi, ma la tua è solo quella che prosegue, quella che non ho perso sotto mille forme, quella che non ho venduto a mille genti, quella che non ho regalato a mille tempeste, quella che prosegue, permettimelo, è anche tua. L’altra, è mia.
Ho sempre parole per te. E ho ferite, al pensiero di quelle parole, padre, parole che ti lascio ad occhi aperti, parole restituite a quel tempo che è trascorso nell’amore del tuo sangue. E si chiudono, quelle ferite, solo quando ti parlo.
Non ho potuto fare gli errori che avrei dovuto, troppo poco il nostro tempo padre. E ora non conosco mai gli errori, nella mia arrogante sicurezza che ogni cosa fatta nell’istante in cui si fa non è mai un errore, ma è sempre la cosa giusta, ma ho l’umiltà di chiedermi scusa. Ogni errore diventa l’esperienza del seguito.
Il tempo, ora che sei sempre appena morto, si è fermato, e, fermandosi, mi ricarica, mi ricarica costantemente del mio essere così, mai pago, mai distratto, mai inutile per me.
Ma anche senza lacrime, io piango, cercando di riempire quel buio con la luce del pensiero, riuscendo anche a illuminare oltre me.
E poi piango
E quando piango, piango tutto, nascondendo lacrime per te, ma non a te, lo so. E piangendo figli, piangendo amori, piangendo la violenza della vita, riempio il bisogno di star bene, e anche se per un solo istante, a fine pianto, riesco a trovare un po’ di pace.
Solo pochi attimi di pace.
Cesare
10 ottobre 2016