Il musico

Il musico

Quella musica ‘spaccava’, letteralmente, era davvero potente, eccellente, il primo musicista era il meno bravo, lui suonava la chitarra, una delle due, quella che non accompagnava gli
altri ma anzi, andava per la sua via, una sequenza potente e chiara risaltava il suo virtuosismo e la velocità di esecuzione e dei controtempi, rispetto anche a se stesso, rendevano unica quella sua musica nella musica, non era il leader del gruppo, ma era sicuramente quello che catalizzava l’attenzione, alto e magro, incostante nel vestire, poco avvezzo a interviste ma anche alle critiche, rare in realtà, scriveva su una rivista la sua storia, di continuo, regalando ai fans la sua verità, dicendo però loro che non dovevano
fossilizzarsi su un unico musicista o genere, e che i miti non potevano esistere, non voleva accoliti, lui non desiderava firmare autografi, icone di una triste assenza di personalità in chi li chiede. Lui costantemente provava e riprovava, un vero perfezionista, nulla andava lasciato al caso, a parte quando decideva di improvvisare, e in quel caso senza nemmeno rendersene conto si sollevava da terra di interi pianeti, chiudendo gli occhi riusciva a suonare autostrade galattiche senza autogrill, ma con alberi stelle e cieli infiniti, riusciva
contemporaneamente a sedersi sul sole e poggiare i piedi sulla luna, continuando con le dita veloci a far correre sequenza di note che sembrava venissero fuori dal cuore, dalla mente, dalla colonna vertebrale. In un tale stato di grazia la sua chitarra aumentava di pochi millimetri il suo volume totale, fatta di un legno raro e pesantissimo, robusto, ebano, una antica chitarra elettrica, pare costruita da magici nani artisti dei canti corali, i
nani lavorarono su quella chitarra ogni alba e ogni tramonto, per darle la tempra necessaria, la forza di resistere a tutte le note, la volontà di voler sempre essere suonata. Così fu, il chitarrista solitario e solista e artista degli assoli non riusciva a non suonarla se non per il tempo necessario per mangiare bere dormire e fare l’amore. Vedeva di buon grado la collaborazione del gruppo in cui era bene integrato, anche se molto silente, partecipava alla riuscita finale di ogni pezzo, gli dispiaceva però ridurlo ai classici tre
minuti, infatti per ogni pezzo che veniva registrato lui aveva ben presente il seguito, che suonava da solo, una volta aveva provato a continuare dicendo al gruppo di provare a seguirlo e continuare il brano insieme a lui, inutilmente, era tanto veloce, era tanto melodico e variava con una dolcezza incredibile la sua musica che anche restando sul pezzo originale era impossibile seguirlo, non se ne preoccupò e rinunciò a quel progetto, restando dentro quella musica da solo.
Quando lo chiamavano chitarrista si dispiaceva, anche rendendosi conto di esserlo, si considerava un musico e quella nella sua totalità era la definizione che si meglio si faceva calzare addosso. Il musico regalò alla natura anni interi di musica suonata di continuo, una sorta di play list di acqua, aria e terra, che vibrava proprio in mezzo a tanta natura, vegetale, animale, globale, le note della sua musica venivano infatti accompagnate dai più antichi suoni, quelli del vento, del crepitio della legna che bruciava, degli ululati e dei
ruggiti di animali innamorati della sua musica, ma anche delle foglie che, spostate da prede e predatori, cadevano con un lieve soffio, che sposava meravigliosamente la melodia della chitarra del musico. Il suo progetto era quello di scrivere musica per cento anni, e oltre, in modo che chiunque potesse sentirla tutta almeno una volta, i più fortunati invece qualche brano lo avrebbero sentito almeno due volte, continuò per cento e passa anni a suonare, e lasciò alla sua morte musica per cento anni esatti, felice, morì come visse, in mezzo alla musica, come dovremo fare tutti.

Cesare

29 Novembre 2016

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