Cugini
Chissà se sono mai stato piccolo, visto che stavo regolarmente con quelli più grandi di me, e anche quando, a 16 anni, sono partito in marina ero il più piccolo. Solo tra cugini, con Doddi e Sergio, che erano in classe con me alle elementari, non ero il più piccolo, e non sentivo gli argomenti dei grandi, e non facevo le cose dei grandi. A scuola, e spesso a casa mia o a casa di miei cugini, facevo, facevamo, le cose di cugini. Una volta nella casa di via dei mille ho messo un petardo nello spioncino a casa di Sergio, e dopo aver sentito lui che veniva ad aprire, credo mi stesse aspettando, l’ho acceso, ma ora dico, Sergio, se mi stavi aspettando, perchè hai guardato dentro lo spioncino, che tra l’altro non c’era nemmeno, il petardo gli si è infilato nell’occhio, non mi ricordo come mi son sentito, il petardo era rosso quanto l’occhio di Sergio, credo Silvia in quell’occasione abbia preso in mano la situazione, poi più nulla, non ricordo.
Ero un po’, purtroppo, fine a me stesso, girovagavo per case di zii e zie perché mamma o seguiva babbo, o lavorava. Un natale mi regalarono la bicicletta, con quella splendida bicicletta, sul verde linoleum, partivo dalla porta di ingresso della casa di piazza Mazzotti, curvavo a destra in sala e derapavo davanti allo stereo e poi al televisore, poi quella bici, portata a casa di zio Alberto, finì sotto una macchina, non so nemmeno perchè.
Siamo tantissimi cugini, da entrambe le parti, i famosissimi Capodimonte di casa di zia Anna Maria, Toni, il più grande, che ho ritrovato da grande a Palau, nel mio ultimo anno di militare, Toni lavorava per i gommoni a noleggio, Mario e Alessandro, piccolini, nella casa che guardava gli incidenti del cementificio, e io sempre irriverente nei confronti di mio zio, senza nemmeno sapere perchè. Sono sempre stato irriverente credo, ma come capita sempre c’è chi buono non lo permette e chi buono buono cerca di capirne le cause aumentando quell’irriverenza.
Un giorno zio Michele, lo zio più alternativo nella sua semplicità, lo zio che mi sorrideva sempre, mi promise un mandolino, miei fratelli avevano le chitarre, inutilmente, e andavano a lezione dal maestro. Non ho mai avuto ne suonato il mandolino, peccato, probabilmente lo avrei suonato bene, o forse avrei fatto come miei fratelli, che a quelle lezioni di chitarra sono andati inutilmente. Ad Abano terme con Simonetta, a cagliari con Lidia Francesca e Tullio, dopo gli esami di terza media, in quel periodo avevo già perso i contatti con Doddi e Sergio, i tre moschettieri delle elementari. Sergio l’ho ritrovato, e lo vedevo spesso dopo il mio congedo, aveva un Frutta e Verdura sotto casa di mamma, e da cugini, ogni tanto chiacchieravamo, ma non delle famiglie, probabilmente sono io molto chiuso, Doddi no, non l’ho più visto. I tre cugini.
Credo di aver perso padrino e madrina a causa di faide familiari, e credo di aver perso in quelle faide, inconsciamente, anche metà dei miei cugini. L’altra metà devo averla persa strada facendo. Crescendo si differenziano gli interessi, ma forse ero io che inconsciamente lasciavo andare le cose come andavano, Francolino e zia Teresa son stati egregiamente sostituiti da Gavinuccio, il padrino della cresima, scelto da me. Miei fratelli per la cresima credo abbiano scelto per economia, io ho scelto per certezza. Gavinuccio mi ha fatto da padre, Diego Luigi Stefano Nicola Andrea e Caterina mi hanno fatto da fratellini, e io da ottimo esempio per loro, non fargli fare mai quello che facevo io. Caterina quando venivo in licenza, la portato in piazza d’Italia a giocare con i piccioni. Il più bel regalo della mia vita è stato l’orologio della cresima, una cipolla Perseo Railking, edizione limitata di 50 pezzi, in dotazione alle strade Ferrate, precisissimo. Ma con loro, tutti loro, sono sempre rimasto in contatto, con zia Teresa, la madre di Doddi no, e nemmeno con Doddi.
Pochi i matrimoni di quella parte a cui sono andato, a quello di Sergio si, un evento eccezionale, visto le frequentazioni, ma io ero sempre possibilista, a quello di Doddi no, non sono andato. Poi facebook ha fatto il resto, un paio di chiacchierate con Rossana, qualcuna con Daniela, la risposta alle faide familiari dei grandi, noi siamo sempre i cugini scevri dalle questioni altrui. I figli di Francolino li ho ritrovati studenti a scuola, e una volta ho anche visto Francolino, padrino di quando ero molto piccolo, un giorno, credo quando ero alle medie, lo avevo incontrato e chiesto credo mille lire per le sigarette, ma non mi ricordo se me le ha date o meno, e poi Gavina, quel mix di dolcezza angelica che aveva un sorriso per sempre, nella sua discrezione impenetrabile.
Egidio e Marco li ho persi davvero di vista, con Silvia siamo in contatto credo tramite Walter, e Sergio, dopo avergli promesso di passare dove lavorava, da poco, devo averlo disatteso, no, non son mai riuscito, me ne dispiaccio. Io Doddi e Sergio saremo dovuti rimanere molto più in contatto, ma io ero probabilmente restio ai rapporti sociali tra parenti, anche molto stretti. Mi assumo le mie responsabilità, ma lo faccio praticamente con un percorso mio storico, non con la coscienza di aver fatto volutamente nulla del genere.
Daniela, dalla parte di mamma, e un po’ tutti i cugini da parte di mamma, li ho frequentati di più, con Daniela andando a ballare ad Ossi son riuscito a tamponare una macchina ancora prima di uscire da Sassari, facevo il cretino con la macchina appena presa, lo so. Non è più voluta venire a ballare, Daniela, Eleonora giocava a basket fuori dalla sardegna, ed Ernesto Marina ed Anna erano piccoli. Nel periodo in cui giocavamo sotto casa di zio Alberto lo facevamo insieme ad Antonello, Giovanni Gabriella e Patrizia, loro vicini di casa, casa in cui il loro gatto grigio era più grande del televisore dove regolarmente sonnecchiava. E poi, sempre da qualla parte, i cugini grandi, e i nipoti quasi della mia età, squisiti, Gaetano e Fiorella hanno tirato su tre gioelli, ma anche Andrea e Valentina se la cavano egregiamente, per non parlare di Beatrice a Nicoletta, due perle rare. Con Paola ho sempre avuto un rapporto particolare, le ho fatto da testimone in divisa da marinaretto al suo primo matrimonio, e ho pianto per zio Tore, come solo per Nonna avevo fatto, no, non vado ai funerali, ma ai loro sono andato.
Un giorno al rientro dalla licenza, mia madre e Pina, mi hanno chiamato in soggiorno, dolcemente mi hanno detto che Doddi, qualche mese prima aveva avuto un incidente e non c’era più, sulla strada di stintino, guidava un Gianni credo, che saluto se lo incontro, ma non son sicuro che sia lui, non potevo stare più vicino a Doddi, e, no, non sono andato al suo funerale.
Cesare
9 Luglio 2015