L’ombra
Non vedo la mia ombra, me non sono preoccupato, strano, il
sole è altro e non si vedono nuvole, ma sto bene, mi domando se c’è una
risposta a questo fenomeno orizzontale, controllo bene passando il dito sul
terreno e poi lo infilo in bocca, nulla, il terreno non ha ne’ il colore ne il
sapore dell’ombra, quindi non è di sicuro un effetto ottico.
Ma continuo a pensare, accendendo un fiammifero mi inchino,
faccio con la mano sinistra le corna al terreno e posiziono il fiammifero tra
corna e terreno, nulla, dell’ombra non se ne scorge nemmeno l’ombra. Ho caldo
al sole, e il fiammifero di certo non mi regala sensazioni diverse dall’arsura,
anzi pizzica le mie dita con il suo calore, la testa ancora accesa mi guarda
con cattiva indifferenza mentre brucia la punta delle mie dita, ma come faccio
ad essere così inutile, dolorante e con le dita caldissime soffio spegnendo la
testa del fiammifero, in un istante il suo zolfo subito nero mi offre un’opportunità,
e io senza pensarci la colgo al volo.
Dopo un tempo indefinito eccola, la mia ombra, disegnata ad
arte dal mio fiammifero, dalle mie dita bruciacchiate, dalla mia mente
orizzontale, è una bellissima ombra, è l’ombra di un principio di tramonto,
calcolo i gradi esatti dei raggi di sole sul mio corpo eretto, e non più
orizzontale, e decido che l’ora esatta è quella della pausa inglese, e quella
della corrida spagnola.
Dopo aver liberato il toro e avergli offerto the e biscotti,
fisso nuovamente la mia ombra, che con tecniche sopraffine ha addirittura una
profondità molto accentuata, che bel lavoro, mi mancava davvero una bellissima
ombra, mi sento completo, e chiamo tutti i vicini di ombra ad ammirare la mia,
mi sento vanitoso.
Arrivano tutti i vicini, curiosissimi, cercando di capire
del perché delle mie urla verticali, e vedendomi così felice mi domandano
perché, percome, e anche quando e chi. Io aspetto che tutti possano sentirmi
bene e in quel momento inizio a vantare la mia ombra, ma non sentendomi, i
vicini lontani, spingevano i vicini vicini, sempre più, e spinsero fino a
quando il vicino più lontano mi sentì gridare di fermarsi tutti oppure
avrebbero calpestato la mia ombra disegnata. Fu tutto inutile, io, al centro
dei vicini, pressato dai vicini più vicini, diventai tanto orizzontale da
crescere di mille metri, e da così in alto, non vedendo più la mia ombra,
calpestata dai vicini ormai bassi bassi, iniziai a piangere e lacrimare,
piovendo sui vicini. L’effetto che ebbero le lacrime fu di allontanare i vicini
senza ombrello, quindi tutti, visto il
bel sole, finalmente il pianto mi liberò
da quello stato di sofferenza, allora io, senza la pressione dei vicini vicini,
tornai basso e mi buttai in terra, orizzontale, per abbracciare la mia ombra,
che però era ormai andata via, cancellata dalle lacrime.
Mi ripromisi, per il giorno dopo, di piangere, si, perché piangere
fa bene, ma soprattutto di non disegnare più la mia ombra.
Cesare
26 Ottobre 2016